Sulla base di una giurisprudenza già abbastanza attestata il gruppo assume una rilevanza decisiva ai fini della responsabilità da reato degli enti, sebbene ne manchi una disciplina specifica nel d.lgs. 231/2001. In particolare, la direzione e il coordinamento della società capogruppo (art. 2497 c.c.) possono costituire una forma di ingerenza nella gestione delle società controllate (o, addirittura, una forma di amministrazione c.d. “di fatto”) tale da determinarne la responsabilità per i reati commessi nell’ambito delle società controllate e nell’interesse del gruppo. Peraltro, può trattarsi di un’attività di direzione e vigilanza rilevante ai sensi dell’art. 5, co. 1, lett. b), d.lgs. 231/2001) ovvero di una forma di concorso dei vertici della capogruppo nei reati commessi da soggetti appartenenti alle società controllate che ad essi riportino o eseguano direttive dei primi, a prescindere dalla sussistenza di un rapporto organico. Nel contempo, anche il gruppo in quanto tale, quale ente privo di personalità giuridica (art. 2, co. 1, d.lgs. 231/2001), potrebbe essere considerato destinatario delle sanzioni previste nel decreto.
Nella predisposizione dei Modelli di organizzazione e gestione ex art. 6, d.lgs. 231/2001 è pertanto estremamente importante, per le società interessate, mettere a fuoco i rapporti infragruppo e definire i limiti entro i quali l’attività di direzione e coordinamento possa eventualmente essere considerata area di rischio e necessitare, conseguentemente, di adeguata mappatura.
Per la definizione di gruppo si considerino, comunque, l’art. 2359 c.c. («società controllate società collegate») e l’art. 3, d.l. 30.01.1976 n. 79 («provvedimenti urgenti in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi») convertito con l. 3.04.1979 n. 95.