Come noto, l’art. 1, d.lgs. 231/2001 esclude dall’ambito di applicazione della normativa gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici e quelli che svolgono funzioni di rilevanza costituzionale.
La ratio di queste esenzioni va esclusivamente ravvisata nell’impossibilità di sospendere l’esercizio di funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali.
Queste ultime costituiscono una categoria più ristretta di quella di “pubblico servizio” o di “servizio di pubblica necessità”, tanto che gli articoli 15, comma 1, lett. a) e 45, comma 3, d.lgs. 231/2001 disciplinano proprio l’applicazione di misure cautelari in questi casi, trattandosi di conciliare le esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione nell’illecito e quelle di garantire la continuità del servizio pubblico.
Per ente pubblico “non economico” deve intendersi solo quell’ente che non eserciti un’attività svolta secondo criteri di “economicità” fondati sulla tendenziale copertura dei costi di gestione con i ricavi.
In questo quadro, indipendentemente dall’eventuale partecipazione pubblica o dal trasferimento di funzioni proprie di un ente territoriale (ad esempio, lo smaltimento dei rifiuti), l’ente costituito nella forma di società per azioni svolge, per definizione, attività economiche o d’impresa, stante la stessa definizione che di società dà il codice civile (art. 2247 c.c.) fondata, per l’appunto, sull’“esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
Quanto alla esenzione degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, con essi non devono intendersi tutti quegli enti la cui attività è idonea a garantire, o comunque ad incidere, sia pure in via indiretta, su interessi diffusi costituzionalmente garantiti (come la salute, l’ambiente, l’informazione, la sicurezza sul lavoro), bensì solo gli enti che abbiano essi stessi rilevanza costituzionale essendo quantomeno menzionati nella Costituzione con riguardo alla loro istituzione, composizione o alle loro funzioni (si pensi, ad esempio, agli organi costituzionali, ai partiti o alle organizzazioni sindacali): quello che conta sono cioè le funzioni svolte dall’ente e non i valori o interessi che con esse si vogliono, direttamente o indirettamente, tutelare.
Ne deriva che, come affermato dalla più recente giurisprudenza, sulla base dell’art. 1, d.lgs. 231/2001 devono ritenersi senz’altro soggette alla responsabilità ivi prevista anche le strutture ospedaliere costituita nella forma di società per azioni “miste” (ossia con capitale sia pubblico che privato) (Cass., Sez. II, 21.07.2010 n. 28699) e le medesime società per azioni che svolgano funzioni pubbliche proprie degli enti territoriali, come lo smaltimento dei rifiuti (Cass., Sez. II, 26.10.2010, n. 234).