In data 19 novembre 2008 è stata approvata la Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente che obbliga gli Stati, entro il 26 dicembre 2010 «a prevedere nella loro legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente» (considerando 10). In particolare, la Direttiva individua le attività illecite che, se realizzate intenzionalmente o quantomeno per grave negligenza, devono costituire reati (art. 3), unitamente alle rispettive condotte accessorie di istigazione o favoreggiamento (art. 4). Solo la scelta sul tipo e l’entità delle sanzioni penali rimane dunque rimessa agli Stati che devono però garantire il requisito della efficacia, proporzionalità e dissuasività delle pene (art. 5).
Inoltre, la Direttiva obbliga gli Stati a prevedere le misure necessarie per garantire che le persone giuridiche responsabili di reati ambientali commessi a loro vantaggio siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive (art. 7).
La Direttiva è stata approvata secondo la procedura di codecisione prevista dall’art. 251 del Trattato, introdotta dal Trattato di Maastricht e successivamente modificata dal Trattato di Amsterdam, che conferisce al Parlamento europeo il potere di adottare atti congiuntamente al Consiglio dell’Unione europea.
Particolarmente significativa è la previsione di specifiche condotte che dovranno costituire reato nei singoli Stati (art. 3), qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quantomeno per grave negligenza.
La tecnica seguita dal legislatore comunitario, di prevedere, descrivendole puntualmente, le singole condotte che dovranno essere punibili a norma della legislazione nazionale, assomiglia a quella già elaborata in materia di market abuse (manipolazione di mercato e abuso di informazioni privilegiate) dalla Direttiva 2003/6/CE. Ma la vera novità sta nell’aver previsto a carico degli Stati, con uno strumento caratteristico di Primo Pilastro, l’obbligo di introdurre sanzioni penali in senso stretto, sulla base di quanto già affermato e riconosciuto dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Grande Sezione, 13 settembre 2005, Commissione c. Consiglio, causa C-176/03; Grande Sezione, 23 aprile 2007, Commissione c. Consiglio, causa C-440/05), secondo cui era da accogliersi la tesi della Commissione europea, a tenore della quale, se è vero che la legislazione penale non rientra nelle competenze della Comunità, è pur vero che ciò non impedisce al legislatore comunitario di adottare provvedimenti in relazione al diritto penale degli Stati membri, allorché l’impiego di sanzioni criminali da parte delle autorità nazionali costituisca una misura indispensabile di lotta contro le violazioni ambientali gravi, necessaria a garantire la piena efficacia delle norme che emana in materia di tutela dell’ambiente.
Il considerando 3 della Direttiva, infatti, afferma che i sistemi sanzionatori vigenti non sono necessari per garantire la piena osservanza della normativa in materia di tutela dell’ambiente e che tale osservanza deve essere rafforzata mediante le sanzioni penali, che sono indice di una riprovazione sociale di natura qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori di diritto civile.
Anche in relazione alle sanzioni che dovranno essere previste a carico delle persone giuridiche, sembrano aprirsi nuovi scenari. L’art. 6 stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili di reati, quando siano stati commessi in loro vantaggio da soggetti in posizione preminente.
Viene così sottolineata la responsabilità di natura personale dell’ente relativamente al reato ambientale, soprattutto con riferimento all’illecito commesso da soggetti in posizione apicale.
Il legislatore nazionale dovrà, dunque, mettere nuovamente mano al D. Lgs. 231/2001 che già prevede la responsabilità amministrativa dell’ente per una serie cospicua di altri reati.
V’è da osservare che il testo della Direttiva parla di persone giuridiche responsabili dei reati (almeno di quelli dei soggetti in posizione preminente) e non semplicemente di responsabilità dipendente da reato.
In sintesi, sembra proprio doversi affermare che la Direttiva 2008/99/CE apra una nuova fase del diritto penale comunitario.