Secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 3 del d. lgs. n. 231/2001 le disposizioni ivi previste non si applicano «allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici, nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».
Sennonché, a partire dalle modifiche apportate col d. lgs. n. 502/1992, si è dato avvio ad un processo di “depubblicizzazione” delle aziende Sanitarie e ospedaliere, che ha avuto un ulteriore sviluppo con l’emanazione dei dd.lgs. nn. 517/1993 e 229/1999. In base a questo ultimo, è stata mutata la qualificazione giuridica delle aziende Sanitarie e ospedaliere, che ora si costituiscono con personalità giuridica di diritto pubblico, ma sono dotate di autonomia imprenditoriale ed agiscono attraverso atti di diritto privato. La nuova configurazione connota dunque le aziende sanitarie e ospedaliere di tutte le funzioni ed i caratteri operativi dell’impresa, caratterizzati e qualificati dai profili della professionalità e dell’efficienza.
In quest’ottica, l’esigenza di ottimizzazione delle risorse e dei processi organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie potrebbe richiedere l’adozione, sia pur sempre facoltativa, di un Modello Organizzativo corrispondente a quelli previsti dall’art. 6, d.lgs. n. 231/2001.
A questo riguardo, è opportuno segnalare le Linee Guida elaborate dalla Regione Lombardia «per l’adozione del codice etico e dei modelli di organizzazione e controllo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere» che, pur ribadendo l’astratta inapplicabilità delle disposizioni del d. lgs. n. 231/01 alle aziende sanitarie pubbliche, hanno stabilito in via sperimentale l’adozione, da parte di queste, di un Modello organizzativo e di un codice etico-comportamentale, quali ulteriori garanzie della migliore organizzazione e trasparenza delle loro attività.
In tale ambito, si è ritenuto di individuare delle aree meritevoli di analisi nella fase sperimentale di introduzione del codice etico e dei modelli organizzativi (farmaceutica; acquisti beni e servizi; gestione magazzino; processi di reclutamento del personale; processi di acquisizione della protesica e materiale di consumo per laboratorio; piastra servizi nel processo di pre-ricovero per gli interventi in elezione;gestione rapporti con le aziende farmaceutiche;manutenzione apparecchiature elettromedicali; farmaceutica territoriale e coinvolgimento dei medici di base nel processo di valutazione dei consumi sanitari del territorio).
La tematica, peraltro, interessa anche le aziende private che operano nel settore sanitario in regime convenzionato. Si segnala, infatti, che la legge regione Calabria, 21.6.2008, n. 15 (Provvedimento Generale di tipo ordinamentale e finanziario collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della Legge regionale 4.2.2002, n. 8, pubbl. in B.U.R. n. 12 del 16.6.2008, Supplemento straordinario n. 1 del 21.6.2008), all’art. 54, comma 1 (Adeguamento al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) stabilisce che «le imprese che operano in regime di convenzione con la Regione Calabria, sono tenute ad adeguare, entro il 31 dicembre 2008, i propri modelli organizzativi alle disposizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la "disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società, e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300", dandone opportuna comunicazione ai competenti uffici regionali»; aggiungendo al successivo comma 2 che
«l'attuazione dei dispositivi contrattuali che regolano l'esercizio di nuove attività convenzionate, ovvero il rinnovo di convenzioni in scadenza, è subordinata al rispetto delle previsioni di cui al comma 1 del presente articolo».
La tematica necessita a nostro parere di una particolare attenzione, specie all’indomani dell’introduzione, fra i reati-presupposto, della morte e delle lesioni gravi o gravissime derivanti dalla violazione di norme antinfortunistiche. Sarebbe, infatti, ben strano che il settore sanitario pubblico (e/o privato convenzionato) rimanesse estraneo all’ambito di applicazione del d.lgs. n. 231/2001 proprio con riferimento, fra l’altro, alla salute e alla sicurezza del lavoro, la cui tutela rientra senz’altro tra i suoi compiti istituzionali.